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I numeri chiave per guidare la PMI - La riclassificazione del Conto Economico per svelare e comprendere la redditività della PMI

Lunedì 15/09/2025

a cura di AteneoWeb S.r.l.
Il conto economico, secondo lo schema del Codice Civile, presenta i ricavi e i costi secondo la loro "natura".



Sebbene questa classificazione sia corretta dal punto di vista contabile e fiscale, non permette all'imprenditore o al management di una PMI di comprendere appieno come si forma il risultato economico e dove si annidano le aree di maggiore o minore efficienza. Per ottenere queste preziose informazioni, è indispensabile procedere alla riclassificazione del conto economico, un processo che trasforma un elenco di voci in una rappresentazione scalare della performance aziendale, evidenziando margini intermedi cruciali per l'analisi e le decisioni strategiche.

Guardare "dentro" il risultato d'esercizio

L'utile o la perdita d'esercizio è l'ultima riga del conto economico, ma da sola dice molto poco sulla qualità della gestione. Un'azienda potrebbe chiudere in utile grazie a una plusvalenza straordinaria, pur avendo una gestione operativa in perdita. Oppure, potrebbe avere un margine operativo lordo eccellente, eroso però da oneri finanziari eccessivi.

La riclassificazione del conto economico serve proprio a scomporre il risultato finale nelle sue componenti, permettendo di analizzare la performance delle diverse aree gestionali:
  • gestione caratteristica (o operativa): è il cuore dell'attività aziendale, la capacità di generare reddito attraverso l'attività tipica per cui l'impresa è nata;
  • gestione accessoria (o atipica): riguarda i proventi e gli oneri derivanti da attività non direttamente collegate al core business (es. affitti di immobili non strumentali);
  • gestione finanziaria: comprende gli oneri (interessi passivi) e i proventi (interessi attivi) derivanti dalla gestione delle fonti di finanziamento e della liquidità;
  • gestione straordinaria: include componenti di reddito non ricorrenti (oggi meno rilevante dopo le modifiche legislative, ma concettualmente sempre importante da isolare);
  • gestione fiscale: riguarda l'impatto delle imposte sul reddito.


Isolare i risultati di ciascuna area permette di valutare la reale capacità dell'azienda di produrre ricchezza dalla sua attività principale e di identificare eventuali criticità nelle altre aree.

I principali schemi di riclassificazione del conto economico

Esistono diversi modelli per riclassificare il conto economico, ciascuno con un focus analitico specifico. I più utilizzati sono quelli del conto economico a valore aggiunto, del conto economico a costo del venduto e del conto economico a margine di contribuzione.

Quello del conto economico a valore aggiunto è lo schema più diffuso, applicabile a qualsiasi tipo di impresa (industriale, commerciale o di servizi) e facilmente realizzabile anche da analisti esterni che dispongono solo del bilancio civilistico.

La sua struttura scalare evidenzia una serie di risultati intermedi:
  • valore della produzione: ricavi delle vendite e delle prestazioni, variazioni delle rimanenze di prodotti finiti, lavori in corso e semilavorati, incrementi di immobilizzazioni per lavori interni e altri ricavi;
  • valore aggiunto: la differenza tra il valore della produzione e i costi esterni (acquisti di materie prime, servizi, godimento di beni di terzi). Rappresenta la ricchezza che l'azienda ha creato internamente e che andrà a remunerare i fattori produttivi interni (lavoro e capitale) e lo Stato;
  • margine operativo lordo (mol o EBITDA - earnings before interest, taxes, depreciation, and amortization): si ottiene sottraendo dal valore aggiunto il costo del personale. È un indicatore fondamentale della capacità dell'azienda di generare cassa dalla gestione operativa, prima di considerare gli effetti delle politiche di ammortamento, della gestione finanziaria e fiscale;
  • reddito operativo (o EBIT - earnings before interest and taxes): si calcola sottraendo dal mol gli ammortamenti, gli accantonamenti e le svalutazioni. Rappresenta il risultato della gestione caratteristica, la vera e propria performance industriale o commerciale dell'impresa;
  • risultato ante imposte: si ottiene aggiungendo o sottraendo al reddito operativo il saldo della gestione finanziaria e della gestione accessoria;
  • utile netto: il risultato finale dopo aver dedotto le imposte sul reddito.


Quello del conto economico a costo del venduto mette invece in evidenza la redditività industriale e risulta quindi particolarmente indicato per le aziende industriali e commerciali. La sua logica è quella di contrapporre ai ricavi netti di vendita il costo sostenuto per produrre o acquistare i beni venduti:
  • ricavi netti di vendita;
  • costo del venduto: calcolato come: esistenze iniziali di materie prime e prodotti + acquisti di materie prime e semilavorati + costi industriali (personale di produzione, ammortamenti industriali, ecc.) - rimanenze finali di materie prime e prodotti;
  • margine lordo industriale: differenza tra ricavi netti e costo del venduto;
  • da qui si sottraggono poi i costi commerciali, amministrativi e generali per arrivare al reddito operativo.


Questo schema richiede però una contabilità analitica per poter suddividere i costi per destinazione (produzione, amministrazione, vendita), informazione non sempre disponibile nel bilancio civilistico o desumibili dalla contabilità di una micro impresa poco organizzata a livello amministrativo.

Infine, il modello del conto economico a margine di contribuzione si basa sulla distinzione tra costi fissi e costi variabili. È uno strumento tipico del controllo di gestione e fondamentale per le analisi di break-even point e per le decisioni di convenienza economica (es. accettare o meno una nuova commessa):
  • ricavi di vendita;
  • costi variabili: costi che variano in proporzione al volume di produzione/vendita (es. materie prime, manodopera diretta);
  • margine di contribuzione di primo livello: differenza tra ricavi e costi variabili. Indica quanto residua dalle vendite per coprire i costi fissi e generare un utile;
  • costi fissi specifici: costi fissi direttamente imputabili a una linea di prodotto o a una divisione;
  • margine di contribuzione di secondo livello: indica la redditività di una specifica area di business;
  • costi fissi comuni e generali: costi non imputabili a specifiche aree (es. costi amministrativi);
  • reddito operativo.


Anche questo schema richiede dati interni all'azienda e non sempre è utilizzabile per le micro imprese poco organizzate a livello amministrativo.

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I KPI della redditività: misurare la performance della PMI

La riclassificazione del conto economico è il presupposto per calcolare i principali indicatori di redditività, essenziali per ogni PMI e che rappresentano i principali KPI per misurare le performance dell’impresa ed ottenere una visione sintetica e immediata dello stato di salute dell'impresa.

In conclusione, per un imprenditore di una PMI, non è sufficiente sapere se "ho chiuso in utile o in perdita", ma è vitale capire "come" e "dove" si è generato quel risultato.

La riclassificazione del conto economico smonta la "scatola nera" dell'utile d'esercizio, fornendo una visione chiara e strutturata della performance aziendale.

Attraverso l'analisi dei margini intermedi e il calcolo dei kpi di redditività, il management può identificare i punti di forza su cui investire e le aree di debolezza da correggere, trasformando il bilancio in una bussola per decisioni strategiche più consapevoli ed efficaci.



Leggi anche i precedenti articoli della rubrica:
- I numeri chiave per guidare la PMI - La riclassificazione dello stato patrimoniale: una mappa per la solidità della PMI
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